Nata sul ramo del lago di Garda e cresciuta con i piedi a mollo nel mare pugliese, da più di 10 anni vado in giro per i colli bolognesi, dove vivo e lavoro. Segno zodiacale leone, tendenzialmente ottimista, mi definisco una romantica, nel senso ottocentesco del termine. Mi occupo di marketing, per lavoro elaboro numeri, ma nella vita sono un’amante delle parole, fondamentalista della grammatica. La mia passione più grande è scrivere: poesie, racconti incompiuti, o la mia specialità, i pensieri in ordine sparso. Estremista del plastic free, sono amante dei dettagli e delle cose belle. Dico sempre “Se vuoi fare una cosa trovi il modo, se no la scusa”. Appassionata di giochi di logica, etimologia delle parole e storia dell’arte. Pratico yoga e meditazione, per migliorare la consapevolezza di me.
Mi piace: il mare, la pizza, la musica brasiliana.
Non tollero: l’ipocrisia, la mancanza di rispetto, la maleducazione.
L’ora del tè per me è una mutazione. La mia. E’ l’ora in cui dentro di me qualcosa inizia a mutare e allora ci penso, ci provo e, finalmente, ci credo. La prima ora in cui i Non posso, Non riesco, Non sarò mai e tutti i miei Non si fanno da parte e lasciano passare il Lo faccio. E lo faccio. Lo scrivo. Scrivo la mia Mutazione, tutta, dall’inizio alla fine. O meglio inizio, scrivo, cancello, continuo, mi fermo, mi blocco, riparto, riscrivo, ma, alla fine, finisco. L’ora del tè è la mia prima cosa finita, conclusa, non incompiuta. E’ la prima volta in cui scrivere non è più soltanto l’ipotetica intenzione della mia vita, come è sempre stato, ma un sogno scritto con il suo titolo in maiuscoletto sopra il mio nome e cognome. La mutazione del bruco sfiducia di non avere nessun talento nella bellezza della farfalla del provarci, mettersi in gioco e volare oltre. E scoprire nuove persone, nuove idee, nuovi progetti, che ti fanno assaggiare il sapore buonissimo di crederci, per la prima volta, così tanto in qualcosa di tuo, di cui fai parte tu.
«In quel momento non potevo capire cosa mi stesse succedendo, provai a sollevare le mani per portarmele al volto, erano fredde ma grondanti di sudore e intanto non riuscivo a distogliere lo sguardo da quegli occhi verdi, quasi azzurri, un po’ grigi, che mi scrutavano misteriosi. Non mi ero mai sentito così male, mai, neppure quella volta che dalla febbre alta mi vennero le convulsioni. Cosa diavolo mi stava succedendo? Fu allora che capitò la cosa peggiore. La femmina, dopo avermi guardato ancora una volta intensamente negli occhi, iniziò a cambiare in una smorfia la sua espressione e, lentamente, mi sorrise.»
Angela Garofalo, "Mutazione"
Mi si avvicina, mi sfiora una guancia, un gesto delicato che mi sembra un addio, mentre con l’altra afferra la mia mano e la richiude facendovi cadere qualcosa che al tatto mi sembra freddo. Apro il palmo della mia mano e ci trovo un minuscolo ciondolo dalla forma strana, argentato, appeso ad un piccolo gancio. “Che cos’è?” chiedo, non avevo mai visto una cosa del genere. “Un cuore.” “Il muscolo cardiaco? Che senso ha?”
Angela Garofalo, "Mutazione"
“Penso che ci siamo. Siamo arrivati al punto. Agli esseri umani manca qualcosa per andare avanti, per evolvere. Quel qualcosa che io e te possiamo sentire in un abbraccio, quel bisogno che possiamo vedere nello sguardo di chi è in difficoltà, quel desiderio che sappiamo leggere negli occhi di chi vuole qualcosa. Quel qualcosa che può farci sentire un noi, non più un io. In due, in tanti, non più da soli.” “E come si chiama questo qualcosa?” “Oggi non lo so. So però cosa siamo, io e te." “E cosa siamo, io e te?” “Siamo mutazione.”
Angela Garofalo, "Mutazione"