“Sapore di sirena” di Francesca Franzoni

     La piazza brulicava di gente e risplendeva nei colori più vividi. Tutt’attorno c’erano addobbi, ghirlande, fiori e fantocci di cartapesta in occasione della festa di paese. La gente era venuta a concedersi un attimo di pace e a rallegrarsi con gli amici bevendo un po’ di buon sidro prodotto localmente. L’aria era fresca, il cielo sereno e il porto vicino alla piazza non dava segni di pericoli imminenti. Quel giorno veniva omaggiato il mare, i pesci, i pescatori e i marinai, i quali questi ultimi non mancavano di concedersi un bicchierino di rum lontani dagli occhi indiscreti dei più giudiziosi. I bambini giocavano tra le bancarelle del mercato, rincorrendosi con finte spade di legno. Al centro della piazza sedeva un cantastorie, un uomo di mezz’età con la barba grigia e riccia, che accordava un vecchio liuto, probabilmente vecchio quanto lui. Attorno al cantastorie si erano radunati in molti: bambini, anziani, giovani coppie e molti altri. L’uomo stava eseguendo una melodia particolarissima, mai sentita prima. Teneva gli occhi chiusi con espressione assorta. La gente lo guardava e lo ascoltava incantata mentre l’uomo continuava ad eseguire quella melodia. La canzone aveva un che di mistico e lontano. Suoni che sembravano richiamare un luogo diverso, appartenuti forse a un passato dimenticato. Ad un certo punto il cantastorie parlò:

     “Le sirene hanno cominciato a cantare. Le udite? Se ascoltate con attenzione riuscirete a sentire la loro voce”.     
     Le sirene? Si chiedeva la gente mentre parlottava a bassa voce, perplessa. Era da molto tempo che non veniva pronunciata quella parola. Pareva quasi che in molti si fossero dimenticati di quelle creature. Cosa sono le sirene? – si chiesero alcuni -Si mangiano? –domandò qualcun’altro -Ma che stai dicendo cantastorie? Non esistono le sirene! – esclamò un tale -Shhhh! Fate silenzio- disse ancora qualcun altro frapponendosi – Lasciate narrare il cantastorie-.
     Il cantastorie non sembrava affatto turbato dall’interruzione, tanto che continuò a suonare anche in mezzo a tutto quel vociferare. Quindi, infine, il cantastorie riprese la sua narrazione:

    – Molti di voi forse non ricordano più, magari hanno preferito dimenticare. Qualcun altro ancora, tra di voi, è forse speranzoso di avere una qualche conferma. Le Sirene sono forse le creature che fanno naufragare i nostri migliori marinai in mare? È forse di male auspicio per noi, popolo di pescatori, nominarle? Esistono o non esistono? Vedete, persino Cristoforo Colombo e John Smith pensarono di averle avvistate in mare!-

     Incredibile! Non può essere vero… Mormorava la gente.

     -Ma fate un attimo appello alla vostra memoria. Ricordate che esiste un dolce canto intonato dalle sirene? Qualche marinaio sprovveduto, forse, spera ancora di farsi rapire da esso. Da quello che si dice, è un canto che porta a un’estrema estasi. Che tipo di creatura è in grado di fare ciò? Un demone o una divinità? Pensate che le sirene siano delle creature che uccidono gli uomini a causa della natura crudele del loro animo? Forse è così. Forse il loro canto non è che un dolce inganno. Per questo vi dico attenti. Bellezza e morte. Il mistero di questo contrasto non può che sedurre gli animi più incauti ma anche i più impavidi e coraggiosi- Molti sanno che le sirene sono mito, incanto, fascino, persuasione. Per questo motivo qualcuno spera ancora di intravederle tra gli scogli, in mezzo all’oceano. Esse sembrano aver travalicato i confini del sogno e della realtà collocandosi in una dimensione…diversa-

     Il cantastorie fece una breve pausa. Gli occhi gli brillavano e in quell’attimo sorrise. La folla rimaneva attenta, in silenzio. Persino i più scettici erano diventati in qualche modo curiosi. Desideravano saperne di più, chiedendosi come loro, popolo di pescatori, abbiano potuto dimenticarsene. Il cantastorie interruppe per un momento la musica e si rivolse direttamente al suo pubblico. Quindi disse:

     -Sirene. A volte basta solo una parola per scatenare un sentimento di fascinazione. Quella parola ha il potere di bloccarti, incantarti, stravolgerti. All’interno di una storia, quella parola è come se fosse l’unica a brillare, viva, luminosa. Quando si è colti da un così improvviso incantamento, è difficile orientarsi. D’altronde, parliamo di ammaliatrici, parliamo di sirene. Ma sapete, le sirene non nascono dagli abissi come tutti credono. – Si fermò, fece un respiro e poi disse – Le sirene sono nate tra le stelle-

     Le stelle? Ma come, che dice? Proprio le stelle?

     – Volete che vi racconti la storia di una sirena nata tra le stelle, e di quello che le successe dopo? – Sì!Sì! Sì!- risposero in molti.

     -Allora chiudete gli occhi. E se avrete voglia di riaprirli, chiudeteli ancora. E ancora un’altra volta se non bastasse. Lasciatevi cullare da questa melodia che una sirena mi cantò una volta. E lasciate che vi racconti la storia che lei tempo fa mi raccontò-

     Il cantastorie continuò a narrare le vicende della sirena alla folla, che rimase lì ad ascoltarlo e a fare commenti per tutto il tempo. Ormai era quasi il tramonto. Colori caldi e densi riempivano il cielo, mentre in lontananza cominciava a trasparire la luna, complice di tutte le storie delle sirene. La memoria distrusse ogni barriera del tempo e dello spazio, così la musica e le parole del cantastorie condussero la folla con lo sguardo e con la mente al di là del cielo conosciuto. Era come se fossero salpati dalla Terra con un veliero che solca i mari del cosmo. Il tempo cominciò a riavvolgersi all’indietro e il veliero riportò la mente verso un tempo molto molto lontano, buio e insidioso. Il suono delle onde del mare che si infrangevano contro gli scogli si faceva sempre più lieve, e la Terra cominciò a ad allontanarsi fino a scomparire, mentre al suo posto, un altro tempo e un altro spazio inghiottivano la mente. Mentre la vita lentamente si dissolveva in tutto il cosmo, e l’universo da noi conosciuto viveva le sue fasi primordiali, lì, in qualche punto indefinito dello spazio, una voce cominciò a cantare.



     Il mio cuore d’inverno si posa, e tra rovi di spine in eterno riposa.

     Il sangue si sposa alla terra e al gelo. Animali notturni lo sentono, lo bevono, grande è il loro zelo.

     Scintille di rabbia in quegl’ occhi furenti; si avvicinano, ci cercano, quindi state attenti!     

     Dobbiamo svelar l’inganno di questo gioco, trovare della legna, accendere un fuoco!

     O senza quella legna, saremo presto marciume nella fogna.

     Mi dispiace ma non riesco più a fingere. E un cuore spezzato è l’unica cosa che riesco a dipingere.

     Un muro intorno al mio cuore ho riposto, nel gelo d’inverno di un amore scomposto.

     Vedo braci lontane, rabbiose. Belve senza facce che mi guardano e ridono come poche cose.     

     Ma tu che ne sai, umano? Cha ne sai del cuore di una sirena? Esso batte impetuoso e per voi si dimena!

     Finito è l’inverno che mi ha affranto. Muoio nell’acqua, mentre affogo nel mio pianto.

 

 

     La voce calda, soffice e femminile della sirena cominciò a cantare sin da quando la vita esplose nell’universo e le galassie cominciarono a prendere forma. Tuttavia, a quel tempo la sirena non era come il mondo la conosce oggi. Non una giovane e bella ragazza con la coda di pesce al posto delle gambe. No. Era uno spirito che poteva cambiare la sua forma e che vagava tra le stelle. Come materia oscura, massa amorfa che riempie il cosmo, invisibile ai nostri occhi. Poteva espandersi, ridursi, a suo piacimento. Un giorno raccontò dunque alle stelle. 

      -C’era una volta il nulla. Un infinito e sconfinato nulla. La desolazione si insidiava silenziosa in ogni angolo del cosmo, paziente, immortale, velenosa, mentre l’oscurità inghiottiva ogni principio di vita e ogni speranza di luce. Era tutto così vuoto e così immensamente buio- La voce dello spirito si interruppe, sembrava voler trovare una posizione più comoda, espandendo la sua massa nel cosmo. Poi continuò – Non ricordo come sono arrivata qui…non ricordo cosa ero prima…né ricordo se sono mai stata qualcos’altro prima. Ma mi sovviene, di tanto in tanto, di quel nulla che inghiottiva ogni cosa prima che l’universo ebbe origine. – La voce si interruppe di nuovo, sembrava distratta. Lo spirito della sirena cominciò a nuotare in mezzo alle nebulose che riempivano l’universo con le loro polveri e con i loro colori, spostando di poco il resto della massa attorno a lei con le sue sinuose movenze. Spesso si addormentava su una stella facendosi cullare da una musica creata da un altro spirito dello spazio. Lo spirito della musica viveva proprio nel cuore di una nana bianca. Dall’interno della piccola stella, lo spirito creava un’armonia celeste perfettamente equilibrata. Le note si espandevano nel cosmo e si rifrangevano in miliardi di fasci di luce attraverso le nebulose. Quando lo spirito suonava, l’universo si illuminava in tutte le sue sfumature di colori – Sento il respiro di quello spirito attraverso le cose quando mi adagio sulle stelle. – sospirò tra sé e sè la sirena – L’intero corpo della stella si espande e si ritrae, come il petto di chi respira!- La voce si interruppe, come se si stesse di nuovo distendendo su una stella. -È tutto così etereo, infinito ed infinitamente bello. Lo spirito mi tiene compagnia con la sua musica, ma per quanto possa sembrare assurdo, il mio amico è un compagno piuttosto silenzioso…Ehii spirito della musica celeste!!! Mi senti? Ci sei?..No, vedete stelle? Non risponde! Non capisce ciò che penso o provo. – cominciò a piagnucolare la sirena -O forse non mi può sentire, confinato qui dentro, chissà se potrà mai farlo…- La voce sospirò, come se fosse stanca, e tornò a rimuginare nel buio.

     Da quel momento, qualcosa cambiò in lei, e lo spirito della sirena cominciò a porre la sua attenzione nella vita che nasceva e cresceva qua e là nel cosmo. E più si accorgeva della vita e più si rendeva conto di quanto questa fosse meravigliosamente mortale. Un giorno, lo spirito della sirena tornò ad adagiarsi su quella nana bianca ove vi viveva il suo amico, lo spirito della musica, e gli confidò nuovamente i suoi pensieri- Sai, non riesco a capire lo scorrere del tempo, non so da quanto sono qui e non so se un giorno morirò anche io. So solo che…sento che c’è qualcosa che mi manca. È meraviglioso poter vedere come la vita esplode e si consuma. Vedere come si irradia, brucia e collida ovunque nello spazio! Da spirito quale sono, senza corpo o limiti, non posso desiderare niente. Non posso aspirare a niente. Non posso convincermi di niente. Posso solo stare qui, beata e…in pace? Eppure, sento che continua a mancarmi qualcosa. E allora mi sembra di percepirlo quel vuoto, quel grande nulla che tutto consuma. Caro amico mio, come faccio a cambiare? Come posso esplodere di vita? –

     La voce sembrava turbarsi di più ad ogni milione di anno che passava (che per la voce, erano come le ore) fino a quando non avvenne l’impensabile.

     All’inizio si sentì un tuono, proveniente da un qualche punto indefinito dell’universo. Lo spirito della Sirena, che in quel momento stava dormendo sopra la nana bianca, si svegliò all’improvviso. Non aveva mai udito un tuono di quel tipo prima d’ora, e questo la mise in allarme. Come un suono di tromba che preannunciava nemici o…morte imminente. E poi la vide. Un’immensa esplosione proveniente da lontano, fiamme divoratrici, asteroidi e piogge di meteoriti che distruggevano qualsiasi cosa si palesasse sul loro cammino. Lo spirito della sirena si alzò di scatto. Fu spaventata ma anche affascinata da quello spettacolo, per questo non riusciva a decidere se allontanarsi o continuare a guardare quel gioco di vita e di distruzione, di nascita, di crescita e di morte al quale lei, da spirito eterno e immutabile quale era, non poteva conoscere. L’indecisione la condusse a una fatale conseguenza che non le lasciò nemmeno il tempo di replicare. Adesso la pioggia di meteoriti era dannatamente vicina. Troppo vicina, sempre di più, tanto che alla fine, una di quelle rocce incandescenti la sovrastò.

     Il masso si scontrò contro lo spirito della sirena, da cui ne scaturì un’ulteriore esplosione, che tuttavia non la uccise, anzi. Lo spirito della sirena era talmente leggero che finì per scivolare nel cuore del meteorite stesso, all’interno di un ghiacciaio che la inglobò a sé. Nell’impatto, lo spirito della sirena venne bruciato dalle fiamme e plasmato dalla roccia. Il fuoco aveva limitato la sua essenza, la roccia aveva stabilizzato la sua massa in una prima nuova forma. Adesso lo spirito aveva un corpo. Un corpo finito, non potenzialmente illimitato, ma che bruciava, pulsava e pesava.

     Nel cuore del meteorite, all’interno del ghiacciaio, lo spirito della sirena rimase dormiente per tutto il tempo, millenni, mentre l’acqua continuava a plasmare la sua nuova forma. Il ghiacciaio era come una grembo che la proteggeva, abbracciato a sua volta da fredda roccia. Furono sua madre e suo padre in un certo senso, la sua nuova famiglia. E lì, nelle profondità del ghiacciaio, lo spirito ormai in carne e ossa diventò quella creatura che tutti voi conoscete e che oggi chiamate…Sirena. Una creatura per metà donna e per metà pesce. A dire il vero, all’interno del ghiacciaio la sirena non era più grande di un chicco d’ uva, ma lentamente, più lentamente del ritmo umano, cresceva.



     Poco a poco, la roccia incandescente si sgretolava, consumata dalla velocità e dalla rabbia del cosmo, e molti frammenti venivano spazzati via, disintegrati per sempre.

     I meteoriti rimanenti si schiantarono sulla Terra, i ghiacciai si sciolsero e irrorarono d’ acqua il pianeta, formando gli oceani e creando la vita. Nelle profondità marine, la Sirena continuava a riposare e a crescere lentamente. E da piccolo seme divenne bambina. Il tempo passava, e la sirena desiderava sempre di più interagire con tutti gli esseri viventi che la circondavano. Le sue labbra erano rosse e carnose, occhi color ghiaccio tendente al grigio e capelli verdi con varie sfumature di blu. Da bambina, la sirena aveva capito che poteva mutare forma e farsi crescere un paio di gambe al posto della coda. Ma le sue capacità sovrannaturali avevano un tempo di durata limitato. E la sirena poteva rimanere in completa forma umana per un giorno solo, dopodiché tornava a trasformarsi nella sua forma originaria. Una volta da bambina le capitò di ritornare per metà pesce che era ancora lontana dall’acqua. Per fortuna un altro bambino che casualmente era lì vicino a lei sulla spiaggia, l’aiutò a tornare in acqua, senza farsi troppe domande sulla sua strana natura. Avrebbe compiuto lo stesso gesto così come con qualsiasi altro pesce che agonizzava lontano dal mare. Poiché anche la sirena non poteva vivere troppo lontana dall’acqua. Il bambino salutò la sirena mentre lei cominciava a prendere il largo, ma prima che lei fu troppo lontana, lui le chiese: – Ehi bambina pesce! Come ti chiami?-

     La sirena non ci aveva mai pensato, nessuno le aveva mai dato un nome prima d’ora. Tuttavia, aveva sentito spesso gli uomini e le donne chiamarsi reciprocamente. E così dopo averci pensato un po’ su, ma non troppo, rispose:

     – Mi chiamo Lily! Ciao bambino umano!-

     Lily incontrò quel bambino più volte nel corso della sua infanzia. Il bambino si chiamava Jim, o Jimmy per la famiglia e gli amici. Jimmy le spiegò molte cose riguardo la vita degli umani e Lily ascoltava affascinata, ma tante cose continuava a non capirle e le parevano bizzarre. Il tempo passava, e Lily si sentiva felice con il suo amico Jimmy. Tuttavia, mentre Jim cresceva e diventava adulto, Lily continuava a rimanere una bambina, e con il tempo cominciò a vederlo sempre meno.

     Abituata a stare sola, Lily cresceva a modo suo e lentamente. Della vita nel cosmo ricordava poco o nulla. Era stato tutto forse un sogno? Eppure, il solo guardare le stelle la confortava. Lily finì quindi per crescere lontano dalla vita umana ma imparò molto dalle loro usanze. Non poteva trasformarsi in umana troppo spesso, poiché ogni trasformazione richiedeva energie e tempi di ripresa, soprattutto da bambina, e per riprendere le forze occorreva che si nutrisse molto. Cacciava comunissimo pesce, ma le balene erano il suo piatto preferito. La carne di balena la inebriava. Do giusto qualche morso, pensava Lily tra sé e sé. Per loro sono come un pizzicotto o come se fossi una zanzara fastidiosa– Lily continuò a crescere selvaggia e bellissima e con il tempo imparò a curarsi da sé della sua sopravvivenza. Imparò a cantare, e cantando, capì che gli animali cadevano in una sorte di incantamento, dote che cominciò a usare sempre più spesso nella caccia. Il suo canto era vento, era dolore, era vino. Era il colore azzurro, il giallo e le spine di una rosa. Era seta al tatto e rumore. Era bolle di sapone e legno d’ebano. Resistente, fragile. Intricato come una fitta foresta. Era ossigeno, ma immenso e devastante come un buco nero.

 

     Poi ci fu quel giorno. Quel giorno che cambiò la sua intera esistenza. Era un bel pomeriggio di primavera e decise di starsene un po’ distesa su una spiaggia. Ormai Lily era una giovane ragazza. Molti pescatori, marinai e curiosi che erano riusciti a vederla di sfuggita, cominciarono a notare la sua inconsueta bellezza.

     Quel giorno un’altra voce interruppe i suoi pensieri, una voce mai udita prima. – Mi scusi affascinante giovane donzella, posso disturbarla?- Lily aprì gli occhi e li rivolse verso il suo nuovo interlocutore. Era un ragazzo circa sui vent’anni, i capelli neri, poca barba, gli occhi verdi e corpo abbronzato. A giudicare dai suoi abiti, doveva essere un marinaio. Lily guardò quei bei occhi verdi del ragazzo, e ne rimase incatenata. La sirena si destò dalla sua posizione supina, continuando a fissare intensamente il ragazzo. Qualcosa nel suo stomaco cominciò a roteare vorticosamente. -Sai non ho mai visto nessuno con i capelli verdi- continuò lui avvicinandosi a lei e sedendole vicino. – Mi piacciono i tuoi capelli. Come ti chiami?- . Chiese mentre le afferrò una ciocca, rigirandosela tra le mani. Adesso la sirena poteva sentire meglio il suo odore, e vedere meglio le screziature dei suoi occhi, dall’ocra al nocciola, così come poteva sentire e vedere meglio le gocce di sudore sul collo. Lily faceva fatica a descrivere ciò che stava provando in quel momento, dare un nome a quella fiamma che cresceva sempre di più nel suo stomaco, più lui si avvicinava. -Mi chiamo Lily- disse lei con voce roca, senza staccargli gli occhi di dosso. Nell’udire la voce della sirena al ragazzo gli si sciolsero gli occhi, e in un attimo, morirono e riemersero nelle fiamme, bramosi. Il ragazzo volse un attimo lo sguardo altrove, come per riprendersi. Allora si schiarì la voce, e questo sembrò farlo tornare in sé, quindi disse -Piacere Lily, io mi chiamo Phil- disse il ragazzo prendendogli una mano e baciandola -Tu non sembri di queste parti. – (a queste parole Lily annuì) -Sai, nemmeno io lo sono. Sono un marinaio, e… – ragionò un momento sulle prossime parole che avrebbe voluto esprimere – bhe…vivo spesso in mare!-

     -Anche io vivo in mare!- esclamò Lily eccitata. Phil la guardò perplesso, facendo un leggero balzo all’indietro – Strano. Le donne non sono bene accolte in mare. Dicono che porti sfortuna- A queste parole Lily si arrabbiò un poco, serrando la mascella e irrigidendosi, con un sopracciglio alzato. Lui si accorse subito del suo errore e quindi si corresse – Nel senso che nessuna donna lavora su una nave! Quindi mi chiedo tu come possa viverci…-

     Lily capì in un attimo il fraintendimento, e prima di rispondere Lily si ricordò cosa le consigliò Jimmy tanto tempo prima. “Non puoi dire a tutti chi sei davvero. Purtroppo, non tutti saranno disposti a capirti e potrebbero reagire in modi imprevisti. Quindi, se per qualche motivo ti senti indifesa o preoccupata, menti. Menti da dove vieni o che cosa hai fatto fino a quel momento. Inventati una storia! Ma proteggiti!” Ed ecco quindi che, in quel momento, Lily scelse di mentire riguardo la propria natura. Mentì come aveva visto un bambino mentire a sua madre, una volta al mercato, dopo che aveva rubato un frutto dalle bancarelle. Mentì come aveva visto mentire una ragazza alla sua migliore amica, fingendo di essersi dimenticata di svolgere una commissione per lei. Mentì come mentivano quegli uomini quando giocavano a carte e fingevano di non avere nulla di buono tra le mani. Lily mentì e fu una scelta che nonostante fosse stata fatta con buone intenzioni, portò a irreparabili conseguenze.

     -Oh! Scusa…- disse quindi ridacchiando e coprendosi un po’ il volto, imitando quelle ragazzette del mercato che si accorgono di avere appena fatto una gaffe – Mi sono sbagliata. Volevo dire che io vivo per il mare! Nel senso che lo adoro, mi piace nuotare, mi piace guardare le onde che si increspano tra gli scogli. L’odore del sale mi inebria, mi fa sentire viva!- e in effetti il sale marino era di fondamentale importanza per Lily, perché le permetteva di conservare il suo corpo in buono stato anche nelle profondità degli abissi. Phil si rasserenò a sentire quelle parole. È una ragazza come altre , pensò, ma piuttosto graziosa e con dei bei capelli verdi. -Bhe..allora, lo vedi che abbiamo qualcosa in comune?- disse avvicinandosi ancora un po’ di più a lei, spavaldo e sicuro di sè. – Sai, ho portato una bottiglia di rum qui con me. Volevo berla per festeggiare questa giornata di libertà sulla spiaggia, prima di tornare a salpare per i mari nell’indomani…vuoi…?-

     -Ma come già riparti domani? – lo fermò Lily di colpo – Sì…- rispose lui colpevole ma non dispiaciuto – ma…ehi, magari tornerò da queste parti un giorno. Questo non implica che io non sia felice di conoscerti e condividere questo momento qui con te- Lily si rincuorò nel sentire quelle parole. Dopotutto poteva rimanere giovane ancora a lungo ed era assolutamente certa che un giorno sarebbe tornato a trovarla. Phil, vedendo che lei tornava a sorridere disse infine – Quindi… questa bottiglia che ho qui…- e tirò fuori la bottiglia, appoggiandosela non per caso sul basso addome -Ti va di berla insieme? –

     I ragazzi cominciarono a ingurgitare quel sapore forte e amaro senza provare disgusto. Continuarono a bere insieme fino al crepuscolo di quel pomeriggio d’estate, ridendo e scherzando. Il nettare della bevanda cominciava a intorpidire corpo e mente, inebriando i sensi, il che rendeva tutto più dolce. Anche l’aria sembrava più leggera, il fresco della brezza marina si mescolava con i profumi intensi e speziati portati a riva dalla piazza poco lontana. Alla fine, i due ragazzi si ritrovarono a cantare canzoni di marinai e pirati.



     Con il mio veliero navigo sul gran canyon

     Pirati noi siam e sopra gli abissi andiam yo-ho!

     Noi sfidiamo la gravità, per cercar felicità

     e una bottiglia di rum yo-ho!



     Ed ecco quindi, che successe qualcosa di imprevisto. La sirena cantò, e da ora nulla sarebbe potuto cambiare. Le infinite possibilità si erano ridotte a una. Il dado era tratto, le carte del destino mostrate, il ragazzo non avrebbe potuto farci più niente. Phil udì il canto della sirena, e nella sua mente, l’universo esplose in mille colori. Mosso da una feroce bramosia, dimenticò le buone false maniere, dimenticò i suoi doveri e persino se stesso. Sotto lo sguardo delle stelle uscite dall’ombra, Phil si scaraventò sopra di lei e la baciò. Un bacio carnale, passionale, violento, irresistibile. La lingua portava un sapore di rum e miele, bagnò le sue labbra, poi il collo, poi sempre più giù. Lily sentì una scarica elettrica pervaderle l’intero corpo, toccare le estremità e ridiscendere. Era come se avesse potuto generare un fulmine, o muovere gli oggetti. Qualcosa dentro il suo corpo stava per esplodere e si stava espandendo incontrollato. Phil le bloccò i polsi e cominciò a premere il ventre contro il suo. Prese un coltello e con fermezza le tagliò via i bottoni dalla camicia, e infine le tolse completamente l’abito. I seni danzavano davanti ai suoi occhi, bianchi e rotondi. Toccò tutto di lei, in ogni modo, e lei fece lo stesso con lui.

     Da qualche parte nella mente di Lily, tornarono i meteoriti, le collisioni, le esplosioni. La vita che si espandeva e si disintegrava nello spazio, così come nel suo corpo. -Devi farmi bruciare- gli disse lei, con occhi incandescenti.

     Il ragazzo non se lo lasciò ripetere una seconda volta. Tutto stava andando al meglio delle sue aspettative, e lei, bhe…sembrava di un altro universo. Quindi Phil entrò dentro di lei, i due corpi divennero uno e incendiarono lo spazio. A quel punto qualcosa nella mente di Lily bruciò e finì per gridare. Ma avida del piacere, stanca delle attese, Lily ne volle di più. Il suo stomaco tornò a roteare e sentì una strana sensazione. Era forse fame?

     A quel punto Lily prese l’iniziativa, si mise a cavalcioni sopra di lui e lo legò con i suoi abiti. Avrebbe voluto rivivere quel momento in eterno. Assaporò ogni centimetro del suo corpo. Lo mordeva, lo baciava e sopra di lui si muoveva. L’odore sul collo era intenso, e speziato. Lo stomaco si ritraeva per i crampi. Ne voleva di più, e allora mordeva ancora. E mordeva. E rimordeva. E poi baciava. L’eccitazione aumentava ad ogni morso, e gridò, di nuovo, forte, sembrava quasi che cantasse. Si sciolse insieme a quell’unica nota prolungata, poi sorrise. E si leccò le labbra.

     Sangue. Sentiva sangue anche in fondo al palato e il sapore era metallico e intenso. Si asciugò la bocca con una mano e scoprì di esserne ricoperta anche sul palmo e sulle unghie. Guardò giù, confusa, verso il marinaio e non riuscì a crederci. C’era una pozza di sangue che sgorgava sulla sabbia e che proveniva dal corpo del ragazzo. Phil aveva ancora gli occhi aperti, incantati, eccitati, sembrava ci fosse ancora l’abbozzo di un sorriso. Non si era accorto che stava morendo dissanguato, mangiato vivo, tanto era forte l’incantamento.

     No, no, no, no! Lily si scansò da sopra di lui e si affiancò. -Ti prego svegliati! – Gli disse scuotendolo, e gli mollò persino un ceffone, presa dalla disperazione. Ma niente. Phil era davvero morto, e lo aveva ucciso proprio lei. Lo aveva morso con troppa forza forse. Si potevano vedere i brandelli di carne strappati dal corpo di lui, che penzolavano sulla sabbia.

     -EHI!- gridò una voce all’improvviso. Qualcuno da sopra il pontile li stava chiamando, forse un pescatore. Lily rimase nell’ombra, ancora paralizzata. Non rispose, e ad ogni modo non sapeva cosa avrebbe potuto rispondere. Sperò solo che l’uomo se ne andasse presto, mentre lei rimaneva nell’ombra e cercava di capire cosa fare. Ma l’uomo si avvicinò da una stradina secondaria e puntò proprio verso di loro una lanterna fino a illuminarli. Fu un attimo.

     -OMICIDIO!!- Non appena fu rivelato il macabro spettacolo, l’uomo corse indietro, spaventato. In lontananza, alcuni cani cominciarono ad abbaiare, e si sentì qualche altro vociferare indistinto, allarmato. Lily capì che non c’era più tempo. Ancora nuda e ricoperta di sangue si avviò verso il mare, confusa e piena di sensi di colpa. Le gambe le facevano male, ma corse comunque, tremolante e piangendo. Non mi rimane che andarmene, sparire da qui e non tornare più.

     Era estate, ma sentiva freddo sulla pelle, come in un gelido inverno. Viveva da tempo immemore, ma sulla terraferma, ci fu solo qualche attimo di gioia. Dove poteva fuggire? Qualcuno avrebbe saputo di lei anche se si fosse trasferita in un’altra città di mare?

     Tanti uomini dietro di lei continuavano a inseguirla. Ma Lily si gettò ben presto in acqua, trasformandosi. Doveva allontanarsi il più possibile, al resto avrebbe pensato dopo. Non fece che qualche bracciata, quando all’improvviso una pesante rete le piombò addosso, catturandola. Era il pescatore che prima l’aveva scoperta. -Ehi tu! Dove credi di scappare? Mostro!– Non lo aveva proprio visto, presa da tutta quella confusione. I suoi sensi vacillavano, di certo il rum e tutto quanto era successo prima non aiutava a restituire un po’ di lucidità. -Eeehi.. ma che diavolo sei?- esclamò l’uomo notando la coda di pesce della ragazza – Esatto uomo! – ribattè Lily ansimando – Io sono il diavolo! Quindi se non desideri la morte…lasciami subito andare!-

     -HA!- Rise il pescatore – Il diavolo qui sono io pesciolino parlante..e tu non sei che una dannata strega che fa fuori i bravi uomini di mare come me!-

     Altri uomini ben presto sopraggiunsero e aiutarono il pescatore a non far scappare la sirena, che invano, tentava di liberarsi. -Che ne facciamo di questa qui?- domandò qualcuno – Io ne assaggerei un pezzetto per cena -disse qualcun altro, con occhi avidi e l’acquolina in bocca. La fame prevalse su qualsiasi altro istinto. Nessuno sembrava vedere la ragazza, la sua parte umana. Per quegli uomini Lily era un pesce, un mostro di mare. -Portiamola in gattabuia dalle guardie! Se ne occuperà poi il boia a staccarle la testa! E stasera per cena…pesce per tutti noi!-

     -Siii!- esclamarono gli uomini gioiosi. Lily capì bene in che razza di pericolo si era cacciata, e quindi, per istinto, cominciò a cantare, sperando in questo modo di dissuaderli. Tuttavia, il suo canto non era che un sussurro, troppo debole per farsi sentire. Non poteva irretire i sensi, poiché non c’è potere verso chi non vuole ascoltare. Quegli uomini non vedevano un’ammaliante sirena ma un mostro. Niente di più che un’assassina o una succulenta cena. Lily finì per perdere i sensi, stremata. Tutto divenne buio.

     Si risvegliò successivamente in una cella. Difficile da stabilire esattamente dove fosse. Prigione del paese o dentro una nave? C’era paglia sul pavimento, e tutt’intorno si sentiva odore di marcio e putridume. Si toccò la testa dolorante e sentì qualcosa di umido, poi vide sangue. Qualcuno doveva averla colpita quando era svenuta. Tossì e respirò affannosamente. Stare fuori dall’acqua in quelle condizioni la indeboliva. Inoltre, la trasformazione le avrebbe consumato solo altra energia, e doveva invece pianificare una fuga – Ehi pesciolino non ti agitare troppo- Disse una guardia sbattendogli un moccio in faccia. – che dopo puzzi- La guardia sorrise per il suo stesso modo di fare. – Sai, il capitano di sopra sta discutendo con i cuochi per capire come renderti un bocconcino prelibato.- Si fermò pensieroso, guardandola intensamente – Magari con ananas? Così esotico…come le cortigiane del capitano. Hahahaha. O magari con qualche erba, rosmarino e bacche. E magari sì..mmm.. con qualche scorza di agrume per rendere più saporito il tuo ripieno già così dolce. Sei dolce dentro, vero pesciolino?- L’uomo si avvicinò a Lily, chiuse gli occhi e inspirò profondamente l’odore della sirena. -Aaah- sembrava vedere già il piatto pronto davanti a sé – Bravo pesciolino, non ti agitare…- Lily rimase immobile, non voleva fare mosse azzardate. Doveva trovare un modo per fuggire, doveva calmarsi poiché anche il suo canto non avrebbe funzionato se continuava a respirare così affannosamente. Aveva bisogno di sale marino e acqua per idratarsi. Cominciò a chiedersi cosa le sarebbe successo se fosse rimasta ancora a lungo lontana dall’acqua. Sempre se fosse riuscita a sopravvivere dopo quella sera. Ormai mancava poco all’orario di cena e la guardia davanti a lei continuava a fissarla, questa volta con una pipa accesa in mano -Sai..il marinaio che hai ucciso.. Phil.. era un brav’uomo- Lily ebbe una fitta al petto nell’udire quel nome. Rivedeva il momento della sua morte, il pozzo di sangue sotto di lui, la carne strappata… – Tuttavia…- continuò l’uomo -ammetto che era un gran bel pezzo di stronzo con le ragazze!- E rise – Credo che ne abbia lasciato incinta qualcuna e poi è sparito miseramente da tutte, in cerca di altre prede. Ha! Non mi sorprende che sia stato fatto a pezzi da una donna. Hahahaha- Rise ancora per un po’ e riprese le sue faccende. Lily si sentì vagamente tradita da Phil, ma il senso di colpa fu più forte del rancore. Lei non era un’assassina. Chiunque fosse stato quell’uomo, non meritava quella fine. Ci furono dei rumori dal pontile, passi che scalpitavano e che si facevano sempre più vicini. -Ah- disse la guardia togliendosi la pipa dalla bocca e guardando in alto -Devono aver deciso il menù-

     Qualcuno stava scendendo in fretta la scala che portava alle prigioni. Ma non era il capitano. Né una guardia o un marinaio. Era Jimmy. Con sua grande sorpresa, Lily vide il suo vecchio amico d’infanzia colpire violentemente la guardia sulla fronte, che barcollò un attimo prima di svenire.

     -Jimmy!- esclamò grata la sirena. Alla fine, c’è sempre stato lui accanto a me , pensò Lily, ricordandosi di quella prima volta da bambina, dove lui la recuperò dalla spiaggia e la riportò in acqua. L’unico umano, forse, che non ha mai avuto pregiudizi su di lei. Jimmy frugava tra le tasche della guardia in cerca delle chiavi che avrebbero scarcerato la sua amica. Lily cominciò a commuoversi, tra un colpo di tosse e l’altro. Stava peggiorando, ma tutto quello che riuscì a dire in quel momento fu -Che cosa ci fai qui?-

     -Ho sentito che eri nei guai, sono venuto a salvarti- Disse mentre le apriva la porta – Presto. Non c’è molto tempo. A momenti verranno qui sotto a farti a fettine. Riesci a trasformarti per camminare?-

     -Jim, non ho quasi più energie.-

     -Tranquilla, ti reggo io, basta che ti trasformi-

     -Ok, d’accordo, ci provo- Lily fece una smorfia concentrando tutte le sue ultime energie in quella trasformazione. Alla fine, riuscì ad avere due gambe come quelle di un’umana. Si alzò in piedi facendosi aiutare da Jim.

     -Tieni, ecco, ti ho portato degli abiti, così potrai confonderti tra la gente- disse Jim, sfilando vesti da una borsa che portava a tracolla -Immaginavo che ti avrebbero lasciato nuda. Mah! Quegli uomini balordi! Vedono soltanto l’animale e non pensano a nient’altro che al cibo! Si ingurgitassero tra di loro!-

     – Io sono un animale, Jim?- chiese Lily, con poco fiato, mentre si vestiva. Jim rimase in silenzio. -Tu lo sai, quello che ho fatto stasera, vero? – continuò la sirena, ma sembrava un’affermazione più che una domanda. – Tutti fanno molte cose, Lily. Ma ora non c’è tempo per parlarne. Forza, vieni- Jim le prese la mano, e cominciò ad avviarsi verso l’uscita.

     Non fece che qualche passo, quando all’improvviso sentì una mano afferrarle una caviglia, e strattonarla all’indietro. La sua mano sfilò dalla presa gentile e al contempo forte di Jim, e finì per sentirsi minacciata da un altro braccio intorno al suo collo. Una presa troppo stretta, e la punta di una lama pronta ad affondare da dietro. In quel momento era come se Lily avesse fermato il tempo. Era confusa. Pensava di essere salva. Pensava che la mano del suo amico l’avrebbe protetta per sempre, o per lo meno, per tutto il tempo che avrebbe continuato a stringerla. Eppure, qualcuno la voleva derubare di questo bene così prezioso. Perchè a lei, che non aveva nient’altro che questo? Lily lo trovò buffo. Era un’emozione che continuava a rivivere ciclicamente in quel battito di ciglia. E così, quell’attimo cominciò a prendersi gioco del tempo, perché bruciava più di quanto avrebbe potuto. Un attimo che durava più del tempo stesso. Lily capì dunque che le sue emozioni erano cambiate da prima, da quando gli uomini la catturarono sulla spiaggia.

     La mano di Jim scivola, un braccio la afferra e la soffoca, un pugnale dietro la schiena. La mano di Jim scivola, si fa lontana, la lama. La mano di Jim scivola. Jim mi guarda spaventato. La lama.

     Jim.

     La paura si sciolse, mescolandosi a qualcos’altro. Forse rabbia. Sentendosi a un passo dalla morte e derubata del suo bene più prezioso, l’adrenalina cominciò a ribollirle dentro, il sangue fluiva, gioiva, i polmoni tornarono ad aprirsi. Ed inspirando, lo sentì ancora…quell’odore speziato nell’aria.

     Sono un animale, Jim?

     Fu come un sussurro dentro la propria anima. Sentì la voce della guardia che blaterava qualcosa come -Sei morta pesciolino- ma Lily la sentiva lontana, ovattata, come se stesse succedendo da qualche altra parte nel mondo.

     Sento fame.

     Lily vide Jim pronto a scagliarsi contro la guardia, ignaro che questo impugnasse un coltello. Jim aveva ragione, non c’era più tempo. Fu così allora che la sirena cantò. Un canto nero degli abissi che non aveva voce, solo oscure intenzioni. Un canto nero dentro la mente di ognuno di noi, fatto di rabbia e di fame.



     -Sei tu l’assassino? Sei la rabbia. Sei la fame. Sei la paura. Il dolore. Tu che sei fatto di tutto questo, sei vorace, divoratore e mi consumi le ossa. Tu che ti disseti del mio sangue e banchetti con la mia carne. Sei tu che rilasci odore di omicidio nell’aria. Lo respiro. Lo sento. È come profumo d’incenso speziato. Mi pizzichi le narici, mi solletichi il volto. Il sangue ribolle, la mente si infiamma e mi si apre un nuovo sipario. Nuove luci e nuovi colori celebrano questo teatro delle follie. Gli occhi mi diventano neri, sono catrame, puzzano di marcio e morte. Mi si sciolgono, e mi viene da vomitare solo sangue e catrame.

     Non c’è più tempo, Jim.

     Mi volto muovendomi più veloce del vento, azzanno il mio carceriere e traccio il mio sentiero di morte lungo linee di dissapori, troppo amari, che bruciano ad ogni spasmo di vomito come rum sulle ferite. La mia pelle è tinta da fiumi di sangue, e tu, cannibale rabbia, forse non distingui più la tua stessa carne dal sentiero di morte che hai tracciato. Mentre divori e consumi ormai qualsiasi cosa ti si pari davanti, sei forse diventata una pedina del tuo stesso gioco? Il catrame ti sta facendo sprofondare in una pozza troppo nera, e vuoi solo colpire violentemente il tuo anniversario per dire alla tua cannibale rabbia “uccidi lui, uccidi lui!”. Pezzi di cervello cominciano a uscire dagli occhi liquefatti, dalle narici e dal palato. E intanto sprofondi. E sprofondi e sprofondi, vomitando sangue, sangue e sangue.

     È buono. È speziato. Sembra il bacio alla morte. Delicato e intenso. Perdonami, Jim.

     Cambia sipario. Le immagini si riavvolgono e tutto si muove all’indietro nel tempo. Sono sulla spiaggia? Ho in mano la bottiglia di rum e nell’altra il pugnale del mio carceriere. Le fiamme del desiderio e il cielo notturno colorano i miei pensieri. Nessuno di questi era un pensiero sano. Il rosso e il blu confondono la mia mente, si sciolgono, si fondono come un mare in tempesta.

     Il carceriere mugugnava forse ancora vivo o forse già morto mentre facevo a pezzi ogni brandello della sua anima nera. Umiliando l’umiliatore, ai suoi piedi parti di intestino gli facevano da tappeto rosso. Un vero ingresso da re per la sua nera voracità, e accanto a lui lascio giacere la lama e la mano mozzata che volevano mettere a tacere il mio destino. Il cremisi tingeva di allegria la stanza, nell’aria odore di incenso speziato. Non ci sarebbero state altre chiacchiere da parte sua. Non ci sarebbero stati più scontri. Solo un ultimo e definitivo bacio alla morte, per dare giustizia al torto subito.

     Sorseggio il mio “bicchiere di rum”, molto, molto lentamente. Una goccia mi scende dalle labbra, lungo il collo. La lascio lì, ad accarezzare le mie nuove emozioni. Sollevo il capo, molto, molto lentamente e guardo negli occhi il colpevole. Quegli occhi liquefatti, già morti. Ma non ne ho abbastanza, e mordo ancora, con forza. Il colpo è un suono sordo, e al suo posto una musica di pianoforte, con note alte che si schiantano leggere come gocce di pioggia. Di quell’uomo, ormai, non esiste più nulla. La bramosia tace e muore, per sempre. Musica trionfale! L’orchestra esplode vivace in suoni brillanti che si diffondono nell’aria e si disperdono con il profumo d’incenso speziato, forse in cerca di nuove anime erranti da inebriare. Nella mia mente, il mare in tempesta ha raggiunto la propria quiete e un solo colore. La pace dunque mi placa. Il mio sangue è blu e fredde come il mare sono ora le mie emozioni. Tutto è blu, è blu. Blu. Freddo.-

     -Lily-

     Alzo lo sguardo e vedo Jim che mi guarda con occhi lucidi, uno sguardo misto tra la preoccupazione e la paura. Non gli avevo mai visto quello sguardo, Vedo che guarda ai miei piedi, e così lo imito. Ah.



     Ai piedi della sirena c’era lo spettacolo degli orrori. Un capolavoro di carne, organi e sangue sparsi un po’ ovunque. Qualsiasi parete era stata marchiata dal giudizio non imparziale di Lily. Qualche morso alla giugulare sarebbe bastato per ucciderlo, ma Lily aveva mangiato la sua faccia e lo aveva aperto in due mangiando qualsiasi organo al suo interno, addentando quanti più pezzi di carne poteva. La sirena, che fissava l’uomo (o quel che ne restava) con sguardo distante, era completamente ricoperta di sangue.

     -Lily… andiamo-

     Lily e Jim non parlarono per tutto il tempo della fuga, che fu comunque breve. Fu facile trovare la via d’uscita, e Jim sperò di non incontrare nessuno sul loro cammino. Ciò che era chiaro ad entrambi, è che Lily se ne sarebbe dovuta andare quanto più lontano possibile. Ormai in molti avevano visto il fatto, e lei non era più al sicuro in quel paese. E nemmeno il paese, forse, era più al sicuro, con lei…

     Lily e Jim arrivarono nei pressi di una caletta isolata e poco lontana, dove erano soliti incontrarsi quando erano bambini. Lily guardò Jim, e notò la sua barba grigia, il suo aspetto un po’ trasandato e le rughe. Così ruppe il silenzio:

     -Sei diventato vecchio- Voleva dire qualcosa di simpatico, ma non riuscì nemmeno a fare un sorriso. Jim fissava il mare, al di là dell’orizzonte. -Lily…-

     -No, Jim. Ti prego…lascia…- guardò verso il basso e sospirò. La sirena chiuse gli occhi, e contrasse il volto, come se sentisse dolore. -Lascia che sia io a parlare. Ti prego, siediti un attimo accanto a me.- Jim non si mosse. Era sconcertato. – Jim…- lo guardò lei supplicante, il volto in lacrime, tendendogli la mano. – Sei la mia unica speranza. Non potrei mai farti nulla…- Jim la guardò, in un’espressione straziata dal dolore, gli occhi gonfi. E capì. Le prese allora la mano. La tenne dentro la sua per un po’, ricordandosi della prima volta che si erano incontrati, e di tutte le altre volte. Lily. Si ripetè dentro di sè. Quel nome che lei si era dato solo perché lui gliel’aveva chiesto. Cominciò a capire.

     -Jim- continuò Lily – Non ci sono parole, non c’è canto per giustificare quello che ho fatto. Era come…essere assorbiti da un buco nero, senza nessuna speranza di uscirne. Mentre tutte le stelle che amavi…piano piano svanivano. E credo solo di aver perso me stessa quando ho perso te. Quelle persone…mi hanno imprigionato e… volevano mangiarmi! Vedevano soltanto un animale, un mostro, qualcuno da umiliare. Questa volta so quello che ho fatto, ma temo ormai che non esista più nessun canto per salvarmi da me stessa. Non posso ingannarmi. Io non voglio essere così. Ma come faccio a convincere l’intero mondo? Come faccio a convincere te? Se non posso mentire a me stessa, non posso mentire nemmeno a voi.–

     – Oh mia Lily. Mia piccola amica. Mia piccola e grande stella di vita. Non sei tu, non sei mai stata tu. Siamo noi…- Non finì la frase. Aveva capito perché Lily ha fatto quello che ha fatto. Aveva capito la sua natura, aveva capito perché il suo era un canto di morte. E aveva capito perché non poteva finire quella frase, in quel momento. E perché non avrebbe potuto fermarla ora.

     -Devo essere io a farlo.- affermò Lily decisa

     -A fare cosa?-

     -Sai…c’è stato un tempo, tanto tempo fa, in cui appartenevo alle stelle. – e nel dirlo, guardò verso il cielo sopra di loro dove minuscole luci brillavano da lontano. Sembravano quasi salutarla -Adesso lo ricordo…lo ricordo come se fosse una voce nella mia mente, o nel mio stomaco. E sai, non so dirti se fossi felice o meno. Ho amato immensamente tanti momenti qui sulla Terra. Amo l’acqua, amo come il sale pizzica la mia pelle, amo il suono delle onde. Amo quel chiacchiericcio nella piazza, le stagioni che cambiano. Amo poter scricchiolare con i miei piedi tutte quelle foglie secche, in autunno. Amo vedere come tutti corrono per ripararsi, quando c’è la pioggia. Amo ogni momento che ho passato con te. Ogni volta che mi hai fatto ridere, le volte che mi hai fatto piangere, tutte le storie che mi raccontavi, per confortarmi un po’. E adesso guardati…un cantastorie! E piuttosto applaudito direi!- Risero entrambi – Vai e illumina le piazze. Canta per me. Ma temo che la mia storia finisca qui. Ci sono errori che non posso riparare chiedendo semplicemente scusa. E in questa storia, posso solo scegliere chi non voglio essere-

     Lily lasciò la mano di Jim, e si alzò lentamente. Jim non parlava, ma si sarebbe potuto dire che avrebbe cercato di nascondere una lacrima o due. Si pulì il volto e si alzò affiancò a lei. Lily si diresse verso il mare, fermandosi sulla riva, e si voltò indietro.

     -Addio Jimmy-

     La sirena allungò una mano verso il cielo, puntandola verso una stella. Allora il vento cominciò a soffiare intorno a lei, sollevandola da terra. Adesso sembrava che potesse toccarle quelle stelle. La sua mano, e poi il suo braccio cominciarono a illuminarsi, e un lampo di luce esplose ad abbagliare quella notte. In un attimo, Lily si trasformò in polvere di stelle, che galleggiavano nell’aria sfidando la gravità. Il vento continuava a ruotarle intorno, aiutando a definire la sua nova forma, finché la trovò. Nel cielo si stagliava imponente un veliero fatto con polvere di stelle, che con le vele issate, cominciava ad allontanarsi verso gli oceani dell’infinito.     

     -La mia Lily…-

     Jim, il cantastorie, continuò a guardare quello spettacolo dei cieli, non trattenendo più alcuna emozione. Alla fine, si rivolse a quelle stelle -Siamo noi che creiamo le storie, le sospiriamo, le ammanettiamo, e poi le lasciamo andare. È un modo per farci sentire importanti, un modo per stare a questo mondo e non sentirci schiacciati dalla gravità. Io ho conosciuto quella sirena, come un amico, come un padre, e…ho fatto i miei errori. Racconto storie per scusarmi, racconto storie per divertirvi, racconto storie per ricordare ciò che non dovrebbe mai essere dimenticato. Chi siamo noi? La storia di Lily è la mia storia, e io la devo proteggere. Devo credere che laggiù abbia trovato il suo lieto fine. Devo avere speranza, per lei, per le sue figlie, e per tutti noi altri…-

     Il cantastorie continuò a guardare quel veliero di luci che si allontanava dal nostro mondo, per raggiungerne forse un altro. Ma di Lily, la sirena, nessuno seppe più nulla. Mentre Jim la guardava allontanarsi, potè giurare di averla sentita cantare quella vecchia canzone sui pirati. Piano piano il suo canto sfumava sciogliendosi con l’infinito stellato, ove vi sarebbe sempre rimasto traccia, per coloro che si sarebbero ricordati di lei.



     Con il mio veliero navigo sul gran canyon

     Pirati noi siam e sopra gli abissi andiam yo-ho!

     Noi sfidiamo la gravità, per cercar felicità

     e una bottiglia di rum yo-ho!

 

 

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